Morte dell'inquisitore

Morte dell'inquisitore: un’opera che costituisce una delle più lucide condanne della repressione della libertà di pensiero che siano mai state scritte.- Appena un anno dopo la pubblicazione del romanzo storico “Il Consiglio d’Egitto” (1963) Sciascia concludeva “Morte dell’Inquisitore”, la cui stesura era stata suggerita proprio dalla documentazione consultata in occasione della lavorazione al romanzo storico. È dunque il 1964 l’anno in cui viene data alle stampe questa “inchiesta” relativa alla tragica vicenda di Fra Diego La Matina, sorta di “antenato ideale” dell’autore, che nella Sicilia del Seicento per la recidività in un’infrazione viene punito dal Tribunale dell’Inquisizione con pene sempre più severe. Esasperato per la situazione, un giorno il frate uccide in carcere il suo aguzzino, Monsignor De Cisneros e, in seguito a ciò, viene condannato al rogo. Quale fosse la sua eresia “originaria” non è dato sapere visto che i documenti dell’epoca sono andati perduti, anche se Sciascia adombra l’ipotesi di una “rivolta” del frate contro l’iniquità sociale, contro l’usurpazione dei beni e dei diritti che lo avrebbe condotto non alla negazione di Dio, ma all’affermazione che Egli non potesse, “senza essere ingiusto, consentire all’ingiustizia del mondo”. Ci resta il racconto dell’ultima notte del condannato, definita dall’autore “una delle più atroci e allucinanti scene che l’intolleranza umana abbia mai rappresentato” e della sua esecuzione, nel contesto di un’opera che costituisce una delle più lucide condanne della repressione della libertà di pensiero che siano mai state scritte.

Data pubblicazione: 07/01/1992

Pagine: 118

9788845908774